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L’altro eccessivo

di Gianfranco Dalmasso

Brano tratto dal volume  Psyché di J. Derrida, Postfazione, 

(Jaca Book, Milano)

(…) Il “soggetto decostruente”, secondo questo movimento di pensiero è perciò spiazzato, dislocato originariamente: introvabile. Il soggetto decostruente è introvabile perché è introvabile un punto di vista che regga, che sia, per così dire, “fondato”: il soggetto decostruente è introvabile perchè decostruito dal suo stesso decostruire. Non si tratta, io credo, di un'affermazione “nichilista”, se per nichilismo si intende una concezione della realtà che non è in grado di scommettere sulla ragione. Si tratta invece di una certezza diversa da quella che deriva da una concezione del mondo: si tratta di una certezza strana, in-trovabile. L'etimo di invenzione soccorre anche se, per certi aspetti, complica la questione: da una parte il latino invenireòè, più che un sottotitolo, l'essenziale seconda parte di Psyché. Che il soggetto, il soggetto tout-court, a meno che per soggetto non si intenda l'ypokeimenon aristotelico oppure il soggetto cartesiano (il che renderebbe il discorso che si sta facendo ancora più rigoroso ma più lungo come articolazione e come percorso) sia introvabile significa che esso non può essere né trovato né inventato. Il soggetto della modernità e della post-modernità, dunque il soggetto decostruente, interpretante forse potremmo azzardare, operando una sorta di cortocircuito, implicato dalla struttura di questa argomentazione, sembra organizzarsi attorno ad un elemento, a una x, che non si può trovare e che non si può inventare: un non proprio, un non mio, a tutto campo, sembra erodere il suo terreno e la sua possibile retrovia, il suo possibile retro-fondo.

Invenzioni dell'altro. Non io e l'altro, ma io come altro. La strategia e lo stile di pensiero derridiani sono differenti. E' dall'altro, altro imprendibile, originariamente impossedibile, non speculare, ma effetto di un non proprio abissale che può derivare l'inventare e il trovare. Il punto di vista “introvabile” allora sembra derivare dall'altro così intenso. Tra i due punti introvabili si gioca, scatta, diventa frequentabile la questione dell'iopsyché (...).

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