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Il gesto di Viola

di Michele Mezza

123 mila firme in poche ore raccolte sul web da una gelataia fiorentina che vive a venezia -Viola Tesi- ha dimostrato che qualcosa di rilevante è accaduto anche in politica, nel secolo della rete. Dopo l'informazione, la formazione, le professioni, i servizi, la pubblica amministrazione, la ricerca, la finanza, anche la politica è investita dall'ondata di disintermediazione che disarciona i giganti e premia i nani.

Un fenomeno complesso e ingovernabile che, a poche ore dal trionfo, porta persino il Gigante a 5 stelle ad inseguire la gelataia di Venezia, imprecando contro la nanetta che si è intrufolata nel suo giardino.

E' la rete, bellezza, verrebbe da dirgli.

La pancia conta quando è alla pancia che si parla. Ed affiora ora il vecchio richiamo solidarista ed emancipatorio di una base sociale che viene da sinistra e non ha votato PD, ignora Vendola, non parla con Ingroia, perché da tempo non vi vede la potenza trasformatrice della sinistra. Ma quando si trova in mano le chiavi di Palazzo Chigi il primo istinto è quello di guardare da dove si è venuti.

Ma chi sono e cosa è successo? Sono quello che fanno ed è successo quello che si vede. Né più né meno.

Loro, i grillini, anzi il movimento 5 Stelle, votanti e votati, sono esattamente come appaiono. Giovani, ma non giovanissimi, precari ma non disoccupati, tecnici, ma non esecutivi, impiegati, ma non placati, cattolici, ma non subalterni, laici, ma non ideologici. Sopratutto digitali, ma non smanettoni.

E' un movimento della rete, ma non sulla rete. Per certi versi i 5 Stelle non sono molto dissimili dalle primavere arabe.

In Algeria, Tunisia, Egitto è pure sorto un movimento di protesta, composto da giovani, professionisti ed emarginati. Si disse è la rivoluzione di Facebook. In realtà, questo è il nodo che la politica tende ad esorcizzare, quel movimento, e ancora di più Grillo, non cresce perché usa la rete per parlare, ma perché usa la rete per produrre. Abbiamo di fronte un movimento che si caratterizza per un nucleo di operai del web: informatici, mediatori, broker, insegnanti, amministratori, imprenditori.

Questa è l'aristocrazia operaia di Grillo. Attorno a questo nucleo si sta raccogliendo un mosaico di ceti e figure sociali convergenti: giovanissimi irridenti, giovani ambiziosi, famiglie silenziose, anziani ignorati, lavoratori in esubero.

Il linguaggio connettivo è il brusio della rete che prende tono per i lavori nella rete. L'elemento unificante è l'estraneità prima, l'ostilità poi per le elites: tutte le elites. In particolari quei salottini, meglio ancora quei tinelli, dove gli staff dei decisori, le figure adiacenti ai leaders, i frequentatori degli amministratori. I sobborghi del potere, più che il vero potere. I riti delle terrazze, dello scambio di privilegi, di mance di prevaricazioni.

Questa è la cultura della rete. Forse, si dirà, la cultura di ogni opposizione che contrappone ai poteri costituiti, che se ne vuole liberare.

In realtà la rete produce distanza e indifferenza, più che ostilità. Gran parte dei grillini, sopratutto i nuclei storici, in Emilia e in Piemonte ad esempio, sono figure che vivono autonomamente in circuiti professionali o formativi che non hanno nulla da chiedere alla politica per se stessi. Si tratta di ceti che vivono di competenze, specializzazioni settoriali, flessibilità nell'uso del proprio tempo, controllo delle ambizioni di consumo, versatilità nel muoversi nel paese e fra paesi.

Ragazzi che per il proprio equilibrismo fra saperi e fra condizioni, trovano mercato. La rete è la scorciatoia, che trasforma l'idea o la disponibilità in opportunità. Un ceto non reattivo alla politico ma insofferente, proprio perché non chiede, per l'etica e le competenze. Di fronte al combinato disposto di un degrado morale e di una palese incapacità scatta la contrapposizione: si può fare meglio, si deve fare bene.

Qui si crea un cuneo che scompone la base sociale delle due forze tradizionali: che scava nel mondo del lavoro, e distoglie il mondo delle proprietà. Si crea un popolo della comunicazione, che conscio del proprio isolamento , ma anche della propria abilità, e del proprio tempo, investe in relazioni: si clicca per condividere la propria riprovazione che diventa rabbia e poi sfida.

Proviamoci è lo slogan. La grande prova, non a caso, è nei feudi: l'emilia rossa, il veneto verde,la sicilia azzurra.

Il territorio produce il salto di qualità, ma comporta anche le prime contraddizioni. Come spiega il saggio della direttrice dell'istituto Cattaneo Elisa Gualmini Il Partito di Grillo, sono state le elezioni amministrative del 2010 ha dare la consapevolezza che la sfida era vincente: Parma ma sopratutto Budrio.

Nel paese rosso al 70%, i grillini, mail dopo mail, forum dopo forum, I like dopo I like, censiscono le forze e mettono in rete i mestieri che non corrispondono alla rappresentatività della sinistra: informatici, consulenti, cottimisti delle filiere di arredamento e ceramiche. Arriviamo per la prima volta a voti in doppia cifra.

Reddito di cittadinanza, connettività, energie rinnovabili, Km 0, diffidenza per l'europa. E' il programma di una comunity da maso digitale. Il lavoro è ormai un dato anagrafico da risarcire, non da organizzare: non il conflitto ma l'indennità per la disoccupazione.

L'unico incaglio al momento sono proprio le amministrazioni locali. Le prime esperienze segnano alti e bassi. E trovano, sul territorio un'unica resistenza, la Lega di Maroni. I dati elettorali, sopratutto in Lombardia vedono, straordinariamente, la Lega non solo sopravvivere dopo il bombardasmento dei mesi scorsi ma addirittura trovare una via per un nuovo radicamernto. Nelle regionali Lombarde, fra lista ufficiale della Lega e Lista civica Marroni, vediamo che il bottino elettorale dei lombardi è incrementato addirittura, spalmandosi sul territorio, in maniera proporzionale al tessuto produttivo.

La debolezza nelle grandi città -la lega è sopravanzata dal PD in tutti i capoluoghi provinciali della lombardia,e vince in tutte le provincie- indicherebbe un carattere arretrato del voto lerghista. In realtà nelle città ormai risiedono elites e ceti amministrativi e commerciali, mentre si snodano nel territorio extra urbano le filiere produttive e della ricerca applicata.

La lega si è nutrita di un tessuto sociale straordinariamente americano. Grillo invece si è aperto un varco nella giungla metropolitana, insidiando però la Lega anche nelle campagne industriali.

Andremo ad un conflitto finale o si ipotizza un colpo di scena fra i barbari sognati e i sognatori cittadini? Questo è il vero interrogativo che la sinistra dovrebbe porsi: impedire la convergenza di una Lega senza Berlusconi e un grillismo amministrativo.

In questo quadro la televisione è usata da Grillo come carica al contrario: meno la vedi meglio stai, meno ci sei più comunichi, meno ti fai coinvolgere , più sei popolare. Grillo cavalca un trend storico: la TV come disvalore, così come ogni consumo di massa, tanto più se legato alla spesa pubblica, come la TV, è un disvalore.

Il trionfo arriva quando la lontananza dalla TV diventa incubo per la TV, che comincia a cercarti ossessivamente, parlando di te, senza te. Tanto più che avendo solo una bandiera popolare, il rifiuto dei politici e tanti programmi settoriali, non declinabili in TV- energie, agricoltura, lavori digitali, no tav, ambiente- la rete e' il catalogo ideale per dare ad ognuno il programma on demand.

Anzi la TV diventa l'uniforme della politica, l'emblema del regime: Vespa, ma anche Santoro, con il loro sovrapporsi ai partiti diventano i bersagli più facili da inquadrare: non ci vengo perché sei il nemico.

In questo quadro da catalizzatore dei movimenti, che trovano un provider che li porta alle soglie del potere, si aggiunge l'effetto Monti. Con il Governo tecnico, Grillo estende il suo marketing: diritti e qualità della vita, ma anche fisco e sviluppo. Dobbiamo parlare alla pancia di una maggioranza silenziosa orfana e disgustata da Berlusconi.

In poche settimane Grillo diventa neocons: assume un carattere da anarcoconservatore, all'americana. La rete in questo lo aiuta ancora: la natura individualista, competitiva, antistatalista, comunitaria, cooperativa ma non solidarista, diventa un ambiente coerente per ibridare la cultura di una movimento nato a sinistra ma diventato digitalmente populista, toutcourt.

Si verifica in politica quanto è già in atto in altri segmenti sociali.

Nell'informazione i grillini sono l'enorme proletariato digitale dell'informazione senza contratti né testate che chiedono connettività, copyleft e ricerca. Lo stesso vale nelle professioni, nei saperi, nell'assistenza, nel commercio: un'ondata di autoimprenditori che incalzano i titolari di ogni funzione chiedendo di condividerla. Il grillismo è la fase supresa del networking, per parafrasare Lenin.

Non si aggredisce, né si comprende il fenomeno, se non si sa decifrare il processo di riconfigurazione di ogni vericalità fordista in una nuova orizzontalità a rete.

Il combinato disposto di un'anima di equosostenibiolità di sinistra, con un'aggressività di individualismo competitivo0 di destra porta Grillo ad un nuovo interclassismo digitale, che gli permette, unico sul mercato politico, di parlare ai nativi digitali e, tramite loro, trainare l'attenzione delle generazioni emancipate.

E di dettare l'agenda politica.

La dinamica della campagna elettorale lo ha dimostrato.

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