La filosofia lucrativa
di Giovanni Invitto
Il discorso sulle “pratiche filosofiche” è oramai abbastanza diffuso in molti paesi. La “filosofia per ragazzi”, la “consulenza filosofica” ed altre iniziative sono conosciute e realizzate. Anche nel nostro Ateneo salentino un gruppo di docenti di filosofia e di pedagogia ha programmato e realizzato dei laboratori su queste tematiche per gli studenti, senza oneri per gli stessi e senza retribuzione per i docenti. Poi si è costituito un centro studi chiamato “Segni dell’uomo”. Discutendo tra noi abbiamo pensato di fare qualcosa anche per coloro che non sono in università né hanno una pre-formazione filosofica. Così è stato organizzata una serie di incontri di “café-philo” per quei cittadini interessati. Non sono stati posti oneri economici per i partecipanti e chi si prestava a orientare gli incontri lo ha fatto in maniera assolutamente gratuita. Anche i locali sono stati messi a disposizione gratuitamente da una associazione culturale. I partecipanti erano mediamente tra dieci e quindici. Verso la fine del ciclo sono apparse altre persone. Poi si è capito che erano persone qualificate senz’altro, ma che operano nel settore della pratiche filosofiche, in maniera retribuita, anche presso enti pubblici. Anche questo è legittimo. Ciò che non è in linea con alcuna deontologia è che questi colleghi, non universitari, hanno cominciato a criticare in pubblico i soggetti che avevano preso l’iniziativa e a denigrare la stessa. La buona educazione ha fatto sì che nessuno degli ideatori dell’evento ha risposto in maniera provocatoria o ribaltando le annotazioni. Parlo di questo non per rendere pubblico un evento di scarso rilievo, avvenuto in una zona geograficamente periferica, ma solo per dire che non è più attuale il detto: “Povera e nuda vai filosofia” e che dovremmo riprendere il titolo posto da Giuseppe Ferrari ad una sua poesia: “I filosofi salariati”. A distanza di un secolo e mezzo, quella formula è, evidentemente, ancora attuale.