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Sull’antisemi-

tismo

di Paolo Corsini*

C’è un elemento che mi ha particolarmente intrigato nel corso del nostro lavoro: il fatto, cioè, che si sia proceduti sulla base di una rigorizzazione, oserei dire scientifica, delle categorie del linguaggio che abbiamo utilizzato. E questo dato non è particolarmente diffuso nel costume politico contemporaneo che è portato, quasi naturaliter,alla banalizzazione ed alla semplificazione dei propri assunti, ad una loro volgarizzazione espressiva. In effetti nel Documento che oggi viene presentato si operano opportune distinzioni circa le categorie che vengono utilizzate, categorie quali razzismo, antiebraismo, antigiudaismo, antisemitismo, anti-israelismo, antisionismo, fino alla tematizzazione degli sviluppi più recenti e più preoccupanti del negazionismo. Così se l’anti-ebraismo greco-romano nasce dalla percezione dell’estraneità della cultura ebraica e da una situazione di separatezza – la circoncisione, le norme sui cibi, il divieto di contrarre matrimonio con i non-ebrei, la proibizione delle immagini e la non partecipazione al culto pubblico –, nel caso dell’antigiudaismo cristiano esso è imperniato sull’accusa di carnalità e “deicidio”, sulla punizione dell’esilio e sulla funzione di popolo testimone attribuita agli ebrei, su un “insegnamento del disprezzo”: un’opposizione nei confronti degli ebrei sostenuta da un’ideologia religiosa in particolar modo diretta contro la forma assunta dall’ebraismo in epoca post-biblica, dunque un’avversione ispirata da motivazioni prevalentemente teologico-religiose [...]

Si assiste, in definitiva, ad una sorta di progressivo scivolamento a motivo del quale l’antisemitismo viene a manifestarsi in una condizione storica in cui l’osservanza religiosa da parte degli ebrei non è più considerata un elemento essenziale ai fini della definizione della loro identità. Sotto questo profilo, com’è drammaticamente documentato dalla persecuzione nazista, che si prefigge la “soluzione finale” della questione ebraica, la definizione di ebreo si coniuga alla convinzione, chiaramente riconoscibile nella stigmatizzazione razzista, che la condizione di un ebreo costituisca un dato immutabile. Come ha scritto Marcel Simon “per gli antisemiti hitleriani un ebreo diventato cristiano resta ebreo, perché un ebreo è definito tale a motivo della propria razza”.Ciò che comunque va sottolineato è che l’antigiudaismo cristiano ha di fatto costituito brodo di coltura per la nascita e lo sviluppo dell’antisemitismo moderno che può essere letto, pur non trascurando i fattori di novità ed il terrificante salto di qualità che esso introduce, come una forma di secolarizzazione di tradizionali orientamenti antiebraici. […]

Quanto al negazionismo nelle sue espressioni più radicali, esso non si limita alla negazione della natura “unica” del “genocidio unico” costituito dalla Shoah (valgano a questo proposito analisi e considerazioni ampiamente sviluppate da Bernard Bruneteau nel suo Il secolo dei genocidi), ma rimuove drasticamente l’esistenza stessa dello sterminio, finendo con l’avvalorare quella grande impostura che tirannie contemporanee - è il caso dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad - utilizzano a scopi politici in vista della distruzione dello Stato di Israele. Se pure credo abbia ragione David Bidussa quando, in Dopo l’ultimo testimone, scrive che la Shoah non è elemento totalmente esaustivo di decifrazione dell’identità ebraica. […]

Infine i guadagni apportati dal Documento, oggetto della nostra riflessione, sotto il profilo politico. È estremamente interessante quel che la relazione conclusiva dei lavori del Comitato di indagine chiarisce in ordine ad un problema oggi dirimente, dalla cui soluzione dipendono le sorti stesse della pace, della democrazia, della coesistenza, della stabilità delle relazioni internazionali: qual’è la soglia della critica alla politica dello Stato d’Israele?[…]

Resta, dunque, fissato che le critiche al Governo d’Israele, anche le più aspre, anche le più radicali, sono del tutto legittime – nel caso della condotta dell’attuale Governo d’Israele, a mio avviso, assolutamente doverose -  sul piano politico e non costituiscono in alcun modo una forma di antisemitismo. Tuttavia adottare due pesi e due misure (il cosiddetto “doppio standard”), pretendendo da Israele ciò che non si chiede agli altri Stati della Comunità internazionale, utilizzare i simboli o fare ricorso ai topoi classici quali le accuse di “deicidio”, il blood libelo la teoria della cospirazione, ancora, ritenere tutti gli ebrei indistintamente responsabili in quanto collettività delle azioni di volta in volta adottate dal Governo israeliano, attribuire alla “lobby ebraica” responsabilità di eventi disastrosi, dagli attentati alle Torri Gemelle alla crisi economica in atto, tutto ciò costituisce certamente espressione di antisemitismo.[...]

L’antisemitismo on line costituisce, infatti, oggi la frontiera più esposta in quanto l’avvento di internet ha trasferito e amplificato a dismisura quanto prima avveniva in forma residuale e ridotta con scritte deturpanti e aggressive sui muri delle città o in pubblicazioni di nicchia, ingigantendo la possibilità di portare ad una graduale accettazione processi di demonizzazione e di disumanizzazione del popolo ebraico. Come ha osservato André Oboler nel corso della sua audizione, “il pericolo non è tanto che la gente possa leggere contenuti ispirati all’antisemitismo quanto piuttosto che sia indotta ad accettarli come punti di vista validi, come dati di fatto, ovvero come contenuti sui quali si può essere o no d’accordo, ma alla cui diffusione non è necessario opporsi”. Questo il rischio. Non c’è dubbio, dunque, che la risposta dev’essere globale e che si può ipotizzare e perseguire coerentemente un rovesciamento nell’uso dello strumento per cui il network può diventare prezioso alleato di chi pronuncia parole veritiere.

 

 

 

Pubblichiamo alcuni stralci dell'intervento che l'On. Corsini ha tenuto il 7 Ottobre 2011 in occasione del convegno promosso presso la Camera per la presentazione del Documento approvato all’unanimità dalle Commissioni Affari costituzionali e Affari esteri a conclusione dell’Indagine conoscitiva sull’antisemitismo contemporaneo.

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