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Alcune riflessioni sul rapporto tra metafora animale e politica nel pensiero di Norberto Bobbio

di Giorgio Aprile*

L’attenzione di Norberto Bobbio al rapporto tra etica e politica è documentata dallo sviluppo del pensiero lungo il (vasto) corso della sua opera ed è testimoniata dall’autore stesso in modo esplicito in alcuni scritti. Bobbio constata la differenza tra morale e politica – dovuta alla divergenza tra norme che regolano il sistema morale e norme che regolano il sistema politico  – e da tale differenza muove verso la democrazia, considerando quest’ultima come un punto d’incontro tra etica e politica. La democrazia è valutata come «la migliore, o la meno cattiva, delle forme di governo» perché consiste in «quel sistema politico che permette il maggiore avvicinamento tra le esigenze della morale e quelle della politica», ma anche in essa l’incontro tra etica e politica non è assoluto: l’avvicinamento tra le due istanze normative non è una sovrapposizione (idealmente desiderabile) ma costituisce il massimo avvicinamento (realmente possibile). La democrazia è, in altri termini, un modo per colmare la divergenza (alla quale Bobbio è tanto attento) tra ideali e «rozza materia». Ma a parte l’avvicinamento possibile – e auspicabile – grazie alla soluzione democratica, etica e politica restano comunque separate; questo scritto cercherà di mostrare come tale separazione possa essere riportata a un livello simbolico nell’opposizione tra mondo umano e mondo animale. Più che focalizzare l’attenzione su questo contrasto simbolico, si cercherà di riflettere su ciò che tale antitesi porterà alla luce.

Per definire il termine e il concetto di morale, Bobbio afferma che:

 

Provvisoriamente possiamo accontentarci di dire che il fine di molte regole morali è di rendere possibile una buona convivenza, dove per ‘buona’ s’intende una convivenza dove siano diminuite le sofferenze che gli uomini possono reciprocamente procurarsi con la loro condotta, gli uni contro gli altri (sofferenze che sono ineliminabili, invece, nel mondo animale dove domina spietata la lotta per la sopravvivenza) e siano protetti alcuni beni fondamentali come la libertà, la giustizia, la pace e un minimo di benessere.

 

La morale, in altri termini, regola la convivenza. E’ già possibile notare che l’autore propone una prima opposizione: quella tra mondo umano, in cui è possibile l’istituzione di una morale, e mondo animale, in cui non potrebbe mai regnare un sistema morale. Non solo: nel mondo umano è possibile instaurare un regime di pace, il mondo animale è  invece caratterizzato dal dominio della lotta. Dunque, il mondo animale è retto dal conflitto perché sregolato, mentre al mondo umano è possibile assegnare delle regole per una buona convivenza. Se il mondo umano è caratterizzato dalla presenza della morale e quello animale dalla sua assenza, è possibile cogliere anche un’analogia: quella tra politica e mondo animale, secondo la quale entrambi sono caratterizzati dall’assenza di morale. Così come il mondo animale, poi, il mondo politico è, come Bobbio più volte ha rilevato, il mondo del conflitto, cioè un mondo entro il quale le relazioni tra le parti si esprimono in massima parte attraverso il conflitto.

Ma se da un mondo animale sregolato e conflittuale – mondo del quale anche l’uomo inizialmente fa parte per natura  –  è possibile il passaggio a un mondo umano regolato dalla morale e pacifico, così da un mondo politico senza morale e anch’esso conflittuale è possibile passare a un mondo morale, cioè un mondo che perde la conflittualità tipica della politica grazie all’istituzione di regole morali. Se il primo passaggio è espresso a livello simbolico, il secondo è realmente possibile (entro certi limiti) e può avvenire con la democrazia: questa è capace di imporre al mondo politico delle regole morali per una risoluzione pacifica dei conflitti. Infatti si chiede Bobbio: «che cos’è la democrazia se non la prima introduzione del metodo nonviolento per risolvere i conflitti politici?». La democrazia è allora da considerarsi come un tentativo di impregnare di morale la politica e quindi anche come una risoluzione pacifica della conflittualità tipica dell’ambito politico. 

Il fatto che si è parlato di mondo animale come sregolato e di mondo umano come regolato non implica che tra gli animali regni la libertà e tra gli uomini la costrizione: è Bobbio stesso a enumerare la libertà tra i beni che la morale protegge. Nel mondo umano, regolato dalla morale, l’uomo è libero. Allora che valore bisogna dare al termine «regola»? Un’accezione che qui risulta efficace è quella di «misura», nel senso di «criterio di giudizio»: la regola morale è quindi la misura o il criterio per giudicare se un’azione è buona o cattiva. Il rispetto della morale allora rende liberi e permette di non ledere l’altrui libertà, creando, come rilevato da Bobbio nel passo sopra citato, una situazione di giustizia, pace e benessere. Nel mondo animale, invece, la libertà è subordinata alla forza: il più forte è libero, il meno forte è per natura subordinato al più forte. Libertà senza giustizia è quindi libertà del più forte: essa individua un concetto di libertà incompleto perché sregolato, concetto che necessita di una giusta misura per raggiungere la completezza e permettere che tutti possano godere del suo pieno valore. A proposito di libertà si ricordi che una delle opposizioni prese maggiormente in considerazione da Bobbio nel corso delle sue analisi è quella tra democrazia e autoritarismo. Una delle differenze fondamentali tra i due sistemi politici è proprio il grado di libertà contemplato per il cittadino; nella democrazia ogni individuo gode di un’ampia misura di libertà: essa è, insieme all’eguaglianza, uno dei due «valori che stanno a fondamento della democrazia». Grazie alla morale l’uomo si riscatta dallo stato di natura e conquista libertà e giustizia, così come il cittadino può, grazie alla democrazia, affrancarsi dall’autoritarismo e godere di libertà ed eguaglianza. Ancora una volta l’opposizione tra mondo umano e mondo animale si traduce prima in quella tra morale e conflitto, poi in quella tra morale e politica, poi in quella tra democrazia e conflitto, e infine in quella tra democrazia e politica, così che la democrazia è da vedere come avvicinamento tra etica e politica: nell’opposizione la democrazia non è dalla parte della politica ma dalla parte della morale.

Nel saggio Ragion di stato e democrazia, Bobbio parla del rapporto tra il comportamento politico e le regole fondamentali della morale, e a proposito della norma «non mentire» dice:

 

Non c’è sfera politica senza conflitti. Nessuno può sperare di avere la meglio in un conflitto senza ricorrere all’arte della finzione, dell’inganno, del mascheramento delle proprie intenzioni. In quel regno dell’eterno conflitto per la sopravvivenza, che è la natura, universali sono le tecniche del nascondersi, del rintanarsi, del mimetizzarsi praticate dagli animali.

 

C’è, ancora, un’analogia tra mondo animale e politico: nel mondo animale la lotta per la sopravvivenza richiede che vengano messe in atto delle violazioni della massima morale «non mentire», sotto forma di nascondimento e mimetizzazione; anche nella politica il conflitto richiede la messa in atto di surrogati della menzogna, sotto forma di finzione, inganno, mascheramento. Sia nel mondo animale che in quello politico la violazione della massima «non mentire» è una necessità: il conflitto impone la menzogna. Ma se il conflitto impone la menzogna, e con la morale è possibile attenuare il conflitto (che è un tratto caratteristico del mondo animale e della politica), e se la democrazia è avvicinamento tra etica e politica e risoluzione pacifica dei conflitti, allora non sarà anche che la democrazia attenua la menzogna? Sì, di certo. E anche la risposta di Bobbio è positiva:

 

Per poter vivere e rafforzarsi una democrazia ha bisogno della massima estensione del rapporto di fiducia reciproca fra i cittadini, e quindi di bandire quanto è più possibile la strategia della simulazione e dell’inganno (il che vuol dire ridurre quanto è più possibile lo spazio del segreto).

 

La democrazia, quindi, che è più vicina al sistema normativo del mondo morale che a quello comune a mondo morale e politico, rifiuta ancora una volta il conflitto e tutto ciò che è gli costitutivo. Ovviamente, però, questo rifiuto non è da intendersi come assoluto, perché, come già accennato, «non c’è da aspettarsi che il divario fra l’esigenza della morale e quella della politica venga meno interamente».

Ancora, a proposito della norma morale «Pacta sunt servanda» il filosofo dice:

 

Devo osservare i patti, perché non voglio vivere in una società in cui i patti non siano osservati. Sarebbe il ritorno allo stato di natura in cui nessuno è tenuto a osservare un patto sino a che non sia sicuro che anche gli altri lo osserveranno. Ma nello stato di natura questa sicurezza non c’è. Chi osserva i patti in un mondo in cui gli altri non si ritengono obbligati a osservarli è destinato a soccombere.

Anche questa massima non sembra valere nella vita pubblica come vale incondizionatamente nella vita privata.

 

La divergenza è di nuovo tra morale e politica, ma anche tra mondo umano e mondo animale (ovvero stato di natura). Anche qui il motivo per cui politica e mondo animale non rispettano la massima in questione è la lotta per la sopravvivenza: se nessuno si ritiene obbligato a rispettare i patti, chi li osserva soccomberà. Questo non avviene se la convivenza è regolata dalla morale, perché questa impone di rispettare i patti. Ma se la lotta per la sopravvivenza impone di non rispettare i patti, e con la morale è possibile mettere in atto una convivenza che permetta (e imponga) di rispettarli, e se la democrazia è avvicinamento tra etica e politica, allora non sarà anche che la democrazia permette (e impone) il rispetto dei patti? La risposta è ancora positiva:

 

La democrazia, in quanto presuppone ed esige una società pluralistica in cui vari gruppi di potere concorrano pacificamente alla presa delle decisioni collettive, è un regime in cui gran parte delle decisioni vengono prese attraverso accordi tra i vari gruppi. La democrazia dà vita a una società eminentemente contrattuale. Una società eminentemente contrattuale presuppone ed esige il rispetto della massima: Pacta sunt servanda.

 

Anche qui, quanto detto non è da intendersi in senso assoluto: anche in un sistema democratico certi patti non vengono osservati. Però la democrazia si configura ancora una volta come punto di incontro tra etica e politica.

Nello stesso saggio, il paragone tra mondo animale e politica è espresso da Bobbio in modo diretto. Dopo aver parlato delle virtù politiche e aver ricordato che nel passato queste sono state paragonate a quelle di animali (serpente, volpe, polipo, falco, leone, camaleonte), l’autore afferma:

 

In questi anni si è diffuso lo studio delle metafore, specie delle metafore animali, nel linguaggio politico. Se ne fa un uso continuo […]. Vorrei osservare che nessuna di queste metafore animalesche […] potrebbe essere usata per raffigurare l’uomo morale, colui che agisce in vista del bene universale […]. Una prova di più, se ancora ce ne fosse bisogno, della irriducibilità delle cosiddette virtù politiche nel senso machiavellico della parola alla virtù morale.

 

Se prima l’analogia tra mondo animale e politica era facilmente leggibile tra le righe dell’autore, adesso è riferita in forma esplicita: le virtù politiche sono metaforicamente espresse da quelle animali, ma le virtù animali non potrebbero adattarsi a uomo che agisce moralmente. Questa è una prova ulteriore del fatto che morale e politica divergono sul piano simbolico e su quello reale. 

Nel saggio Elogio della mitezza l’autore fa un’analisi dei concetti di mitezza e mansuetudine e nota che:

 

’Mansueto’, almeno originariamente, è detto di animali e non di persone, anche se poi in senso traslato si dice anche di persone. (Ma lo stesso vale per ‘mite’: mite come un agnello. L’animale però è mansueto perché addomesticato, mentre l’agnello è il simbolo della mitezza per sua natura.) L’argomento decisivo viene dai verbi rispettivi: ammansare o ammansire o mansuefare si riferisce quasi esclusivamente agli animali, e infatti si dice ‘mansuefare una tigre’ e solo scherzosamente si direbbe ‘mansuefare la suocera’. ‘Mitigare’, da mite, si riferisce invece quasi esclusivamente ad atti, atteggiamenti, azioni, passioni umane: mitigare il rigore di una legge, la severità di una condanna, il dolore fisico o morale, l’ira, la collera, lo sdegno, il risentimento, l’ardore della passione.

 

Se la mansuetudine è una virtù che può riferirsi al mondo animale, e solo scherzosamente a persone, la mitezza è invece connessa al mondo umano. Allora, in base alle argomentazioni sopra proposte, la mitezza dovrebbe difficilmente adattarsi al mondo politico. E infatti spiega l’autore:

 

Opposte alla mitezza, come la intendo io, sono l’arroganza, la protervia, la prepotenza, che sono virtù o vizi, secondo le diverse interpretazioni, dell’uomo politico. La mitezza non è una virtù politica, anzi è la più impolitica delle virtù. In un’accezione forte della politica, nell’accezione machiavellica o, per essere aggiornati, schmittiana, la mitezza è addirittura l’altra faccia della politica. […] Virtù non politica, dunque, la mitezza. O addirittura, nel mondo insanguinato dagli odii dei grandi (e piccoli) potenti, l’antitesi della politica.

 

La mitezza, virtù congiunta al mondo umano, è fortemente impolitica. Questo non fa che confermare la lettura fatta fin’ora: esiste un’analogia tra mondo animale e politica.  Se il mondo umano si oppone al mondo animale per la presenza, nel primo, della morale, allora anche il mondo morale si oppone al mondo politico per i diversi sistemi normativi che regolano l’azione; questa è, del resto, la constatazione del dualismo tra etica e politica, dualismo che individua una separazione reale e relativamente colmabile soltanto con la democrazia, che costituisce il sistema politico la cui struttura normativa è la più vicina possibile a quella della morale. La democrazia si configura allora come una possibilità concreta per attenuare la divergenza (mai del tutto colmabile nella realtà) tra etica e politica. L’insegnamento di Bobbio è, ancora una volta, quello della democrazia e, insieme, quello della nonviolenza.

 

 

 

L’articolo con il corredo completo delle note è consultabile nel formato PDF

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