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Sull’insegnamento della religione nelle scuole

 

di Roberta De Monticelli

C’è un libro che consiglio a tutti i lettori: La fede pensata – Padre Ciolini nella Chiesa fiorentina, Le Lettere, Firenze 2009. E’ a cura di Marco Vannini, e raccoglie scritti – teologici, filosofici e omiletici di Padre Ciolini, inventore e animatore di quei Convegni di Santo Spirito, tenuti nell’omonima splendida cornice del complesso di Santo Spirito a Firenze, che per quasi venticinque anni hanno acceso la fiammella di una riflessione spirituale e culturale di grande qualità, e anche di grande successo fra il pubblico fiorentino. Una delle poche iniziative di questo livello e di questa liberalità, partite dall’interno della chiesa cattolica – in realtà dall’interno della solitudine e del coraggio di un uomo di fede e di spirito, che era solo un semplice frate, e un insegnante di religione al liceo Michelangiolo. Un’iniziativa paragonabile, per la levatura degli invitati e il calore, la quantità e l’assiduità del pubblico, alla serie delle “cattedre dei non credenti” del Cardinal Martini; con la differenza che i Convegni del Santo Spirito furono, per la maggior parte del tempo, animati e sostenuti da un solo uomo, ricco solo dell’amicizia che sapeva far nascere nei suoi interlocutori, anno dopo anno – fra questi alcuni dei più noti filosofi, teologi, storici, letterati italiani. Li sostenne a lungo da solo, anche finanziariamente: con il suo modesto stipendio di professore di religione. Fu, Padre Ciolini, il primo maestro e mentore di Marco Vannini, il massimo studioso italiano  della tradizione mistica, cristiana soprattutto, e di Meister Eckhart in particolare. Che gli dedica appunto un saggio molto bello, da cui traggo un passo importante sulla figura di questo religioso, uomo di spiritualità e teologo, non semplicemente rappresentante di un cattolicesimo progressista e socialmente impegnato, come a Firenze Giorgio la Pira, don Milani, Padre Balducci: 

 

“Ricordo gli accenni polemici contro il Vaticano, che non aveva accettato di mettere a cattedra l’insegnamento della religione per non sottometterlo al controllo dell’Università Statale, o comunque della Pubblica Istruzione, preferendo lasciarlo facoltativo e facendolo così diventare una materia di serie B” (p.  18).

 

In un suo articolo non pubblicato, Adamo Perrucci, studioso fiorentino di filosofia, si interroga proprio su questa – con le sue parole, “Contraddizione nell’accordo di revisione dei Patti Lateranensi, firmato com’è noto nel 1984 da Bettino Craxi, e dall’allora Segretario di Stato Vaticano,  Cardinale Agostino Casaroli. 

 

La contraddizione è evidente – eppure non ci pensiamo abbastanza, e bisogna ringraziare chi ci aiuta a metterla a fuoco. Eccola. Secondo lo spirito della revisione del Concordato, ci ricorda Pedrucci,  si riconosceva a una società sempre più secolarizzata – e io direi ormai “adulta” -  “il diritto alla diversità culturale e all’autodeterminazione morale”. E si riconosceva anche l’importanza del ruolo che la tradizione cristiana e cattolica aveva rivestito e rivestiva nella formazione  dell’identità culturale degli Italiani . credenti o non che essi fossero. Le premesse erano chiare: c’era il riconoscimento della necessità di rivedere il Concordato in funzione di una miglior tutela della laicità dello Stato, ma anche il riconoscimento, almeno da parte dello Stato,  della maggiore età morale dei cittadini e quindi dell’importanza che rivestiva per la formazione personale degli individui un’approfondita conoscenza della tradizione cattolica e della religione – o perlomeno di quella cristiana: se non altro per poter aderire con cognizion di causa, o viceversa respingere, questa eredità indubbiamente legata a filo stretto con la nostra storia.

Queste considerazioni, senza neppure tirare in causa l’incipiente multiculturalità, che mi pare un problema ulteriore, sarebbero dovute bastare a una soluzione ovvia e coerente: se la conoscenza della tradizione religiosa del nostro paese è necessaria alla formazione personale, allora da un lato l’insegnamento non deve avere proprio nulla di confessionale: si tratta di trasmettere conoscenze, non di evangelizzare o convertire. Si tratta di alfabetizzare le persone anche soltanto sui contenuti fondamentali del canone e della tradizione, per non parlare della storia della religione, della sua fenomenologia, o dell’enorme ruolo che il cristianesimo ha svolto nella costruzione della mente e della cultura europee. Ma dall’altra parte, in questo caso, l’insegnamento in questione non dovrebbe affatto poter essere facoltativo: almeno, non più di altri pezzi e momenti della formazione culturale impartita a scuola, la storia o l’italiano, il greco o la filosofia. 

E invece cosa è successo? Molto semplicemente, che da un lato le motivazioni della revisione sono rimaste quelle che avrebbero dovuto segnare il passaggio dell’insegnamento della religione da forma di catechesi a materia curricolare vera e propria, senza opzioni o sconti. Ovviamente, a condizione che come disciplina della conoscenza e della cultura fosse insegnata: e non come catechismo o predica. Ma dall’altro, invece, si rese facoltativa l’ora di religione, esattamente come se assistervi implicasse aderire a un credo – cosa che certamente non si poteva imporre per legge. Questa la flagrante contraddizione che ancora oggi subiamo. 

 

Le ragioni? Purtroppo Padre Ciolini le vide bene. Le stesse del resto che hanno impedito l’insegnamento della teologia nelle Facoltà e università dello Stato, o comunque non confessionali. Le stesse che hanno privato proprio l’Italia, a livello culturale e scientifico, di una delle più autentiche, antiche e nobili sue risorse di esperienza spirituale e di pensiero. Guardate il cattolico praticante medio. Non vorrei essere pessimista ma… cosa ne sa della sua fede? E il medio agnostico, o ateo, della fede che rifiuta?

 

E soprattutto, ancora una volta, hanno privato i cittadini italiani del vero diritto di scegliere. Non si dovrebbe, infatti, poter scegliere se restare ignoranti, o no. Bisognerebbe avere il diritto di non restare ignoranti, per poi scegliere : se un retaggio culturale, morale e spirituale come quello cristiano, o addirittura cattolico, lo si vuole far proprio, o no.

 

Ma come sempre – se dipende dalla chiesa italiana – questo nostro Paese deve all’infinito restare il Paese della minore età. Non so se della cuccagna. Ma della minore età, senza dubbio….

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